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Diversità nel mondo vitivinicolo: il Vino italiano è inclusivo?

In USA solo il 2% dei professionisti è nero e fioriscono programmi di mentorship. In Italia? Non ci si pone il tema.

La parola “diversità” nel vino in Italia è molto utilizzata, ma quasi sempre riferita ai vitigni o alle denominazioni: siamo un Paese bio-diverso, lo sappiamo, ma siamo anche un Paese inclusivo? Cosa intendiamo per inclusività, parola impropriamente tradotta dall’inglese inclusivity? Il fatto che non esiste nemmeno la parola specifica in italiano ci dice molto sulla questione.

Da cittadina americana e italiana osservo con attenzione questi due mondi: da un lato ci sono molte cose che importerei dall’Italia agli USA, ma dall’altro riconosco che, su certi temi, Oltreoceano i cambiamenti avvengono con qualche anno d’anticipo.

La lista delle Black Owned Wineries

Qualche giorno fa uno dei blog più stimati e seguiti negli USA ha pubblicato la lista aggiornata delle Black owned wineries (le cantine condotte da persone nere) nel mondo. La trovate qui.
Scorro l’elenco per controllare l’Italia e scopro che ci sono solo 4 cantine citate, teoricamente basate in Italia. Dico teoricamente perché, indagando velocemente sul web alla ricerca delle storie di questi proprietari di etnia africana con l’intento di raccontarle, scopro che di fatto sono operazioni commerciali: vini non meglio localizzati se non “Made in Italy” confezionati per i mercati esteri, pochissime informazioni su uomini, donne, luoghi. Per i dettagli vi rimando a un video che ho pubblicato su Instagram.

Mi ha colpita il fatto che un Paese che suo malgrado accoglie molti migranti soprattutto dal continente africano che arrivano attraverso viaggi disperati nel Mediterraneo e che – non dimentichiamolo – è il primo produttore di vino al mondo , non registri alcuna cantina o attività vinicola portata avanti da persone nere o di altre etnie. Ho chiesto agli appassionati e operatori di settore che mi seguono sui social di segnalarmi casi del genere per raccontarli e poter mostrare modelli di leadership diversi nel vero senso della parola: credo che l’immigrazione, anche se in Italia purtroppo è ancora vista come un problema, sia in realtà una grande risorsa, un modo per farsi contaminare con nuove idee, nuove prospettive. Lo dico da immigrata. Mi chiedo: un africano potrebbe avere in Italia le stesse opportunità che ho avuto io negli USA? Ci sono persone di etnie diverse che possono portare visioni nuove e approcci diversi nel vino italiano?
Sono ancora alla ricerca, per ora nessun risultato significativo.

In USA ci si adopera per l’ inclusivitá

Mentre noi ci interroghiamo per capire addirittura se queste storie esistono, negli USA da qualche anno il settore vino ha constatato con grande onestà intellettuale che c’era un problema di inclusività e si è mobilitato per coltivare talenti diversi e dare pari opportunità ad ogni etnia di accedere al wine business.

Se ne sono accorti soprattutto dopo gli eventi legati all’uccisione di George Floyd nel 2020 che ha scosso gli States e in seguito a uno studio di settore di fine 2019 commissionato da SevenFiftyDaily.

La ricerca ha stabilito che solo il 16% dei 3.100 professionisti dell’industria del vino e degli alcolici intervistati erano persone di colore, e solo il 2% degli intervistati si identificava come nero.

Poco prima della pandemia, le associazioni di settore si sono quindi mobilitate per invertire questo dato. Qui mi preme sottolineare come siano stati i privati cittadini (colleghi sommelier o educator) e non lo Stato o qualche ente governativo a porsi il problema e a cercare di risolverlo. Questo è un atteggiamento encomiabile che vorrei tanto importassimo in Italia, dove invece si tende ad aspettare che qualcuno risolva le ingiustizie sociali dall’alto, e con questa scusa nessuno investe il proprio tempo per provare a cambiare le cose, dalla discriminazione di genere all’inclusività che spesso non sono nemmeno percepiti come problemi.

Tornando agli USA prima della pandemia si sono moltiplicate le iniziative locali in diverse città volte ad offrire accesso alla formazione a persone “diverse” per etnia. Ve ne racconto una ad esempio, su tutte.
Il SommCon, la conferenza nazionale dei sommelier, che frequento da ormai 6 anni, ha dato vita insieme a molti importanti professionisti di settore a Wine Unify, un’organizzazione no-profit californiana per fornire risorse e attività di tutor ai professionisti del vino BIPOC (acronimo che sta per “Black, Indigenous, and people Of Color”). L’organizzazione è finanziata da donazioni provenienti da fonti che vanno dal settore privato a cantine e riviste.  Quindi tutto il settore si è mobilitato, privatamente.

La loro mission è chiara:

While we have come a long way over the years promoting a more ethnically and racially diverse profession, there is much work to be done in terms of welcoming, elevating, and amplifying the voices of underrepresented minorities.

Ovvero: il loro impegno è volto ad accogliere chi ha interesse per il vino ma ancora non lavora nel settore, ad elevare e supportare chi è già nel wine business ma vuole progredire, ad amplificare le voci diverse di minoranze non rappresentate.

La situazione ad oggi

Finora hanno partecipato al programma Wine Unify quasi 100 persone BIPOC, che vanno dai lavoratori dei ristoranti che vogliono approfondire le loro conoscenze sul vino agli anziani che hanno scoperto la passione per il vino in tarda età. Luminari del mondo del vino BIPOC – tra cui André Hueston Mack di Maison Noir Wines, Julia Coney, fondatrice dei Black Wine Professionals, e Tonya Pitts, direttore del ristorante One Market di San Francisco – si sono impegnati a fornire tutoring individuale, abbracciando un approccio olistico alla formazione che va oltre la teoria in aula.

Oltre a fornire assistenza finanziaria per l’accreditamento dei sommelier, Wine Unify offre anche un sostegno per gli accessori che possono essere proibitivi, tra cui calici adeguati, periodici di settore e carte regalo per il vino che incoraggiano a degustare insieme a distanza. Gli studenti diplomati spesso richiedono un impegno pluriennale e il sostegno finanziario della fondazione può raggiungere i 15.000 dollari a persona. 

Nonostante lo stop forzato della pandemia, questo programma e altri in tutti gli USA sembrano dare i primi frutti: la classe 2022 della Court of Master Sommeliers, un’organizzazione internazionale dedicata agli standard di servizio del vino, è stata la più diversificata negli oltre 40 anni di storia della Corte. Che tra l’altro è uscita a pezzi da altri problemi di discriminazione di genere nel 2021. Ma questa è un’altra storia, che potete leggere qui.

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