Neuroscienze e vino: come la scienza può aiutare la comunicazione mirata
Come lavora il nostro cervello prima e durante la degustazione? Quali dati utili possiamo ottenere dalle ricerche scientifiche per la comunicazione del vino? Ne parliamo con l’esperto di neuroscienze e autore di Neurofood Marco Baldocchi.
Non è facile intrattenere una conversazione con Marco Baldocchi. Non fraintendermi, lui è una persona squisita che ti mette a tuo agio e non parla “scientifichese” seppure sia un professore e un esperto di neuoroscienze, ma sapere che ogni movimento facciale e ogni reazione involontaria del tuo corpo possono far trapelare incoerenze, emotività e indizi inconsci, mette una certa pressione. Se avete mai visto la serie tv Lie To Me, sapete a cosa mi riferisco.
Le neuroscienze studiano infatti le nostre risposte consce e inconsce agli stimoli esterni e con Marco Baldocchi abbiamo approfondito come questo può essere applicato alla comunicazione del vino.
Qui trovate l’intervista sia audio, sul mio podcast, sia video, sul canale Youtube.
In particolare abbiamo parlato di uno dei suoi esperimenti, commissionato da una cantina italiana per stabilire l’identità, i nomi e le etichette dei suoi tre prodotti di punta, tutti studiati per target di pubblico diversi.
Marco Baldocchi e il suo team hanno eseguito dei test scientifici su campioni di pubblico di 20 persone, corrispondenti per anagrafica e area geografica ai target indicati dall’azienda. In particolare:
- I test furono strutturati in maniera “blind”, cioè senza che i soggetti fossero a conoscenza di alcuna informazione sul vino che stavano degustando (vitigno, origine, colore, etc). Il vino era servito in bicchieri standard e coperti per occultarne il colore.
- Una volta degustato il vino, dotati di strumentazione quale EEG (Elettroencefalogramma), GSR (Galvanic Skin Response) e Facial Emotion Analysis (Riconoscimento delle emozioni attraverso l’analisi delle microespressioni facciali), i soggetti effettuavano un test IRT (Implicit Reaction Time).
“Semplificando – spiega Marco Baldocchi – a seguito dello stimolo della degustazione dovevano rispondere alla domanda: Se questo vino fosse una persona sarebbe? E si susseguivano una serie di doppie risposte su caratteristiche fisiche, caratteriali e comportamentali.
(Ad esempio: uomo o donna, biondo o moro, giovane o vecchio, ama i ristoranti di lusso o i pic-nic, etc). - I parametri del test erano stati ricercati e testati dal team scientifico in precedenza e ripetuti in modo da non indurre o guidare risposte nelle persone che si sottoponevano al test.
- Il test, ripetuto con ordini diversi ha permesso di analizzare, grazie alla sua completezza, le risposte avvenute entro una determinata soglia di tempo, cioè quelle inconsce che avevano dati indicatori di coinvolgimento cognitivo / emozionale. Il tempo di reazione, di risposta è importante perché nel momento in cui si verifica uno stimolo (ad es. tempo = 0ms) il cervello inizia automaticamente a elaborarlo. A noi essere umani servono circa tra i 100 – 200ms per rilevare uno stimolo e rispondere ad esso, per esempio, premendo un pulsante.
In questo breve arco temporale il cervello non ha avuto tempo sufficiente per riconoscere necessariamente quale sia lo stimolo, semplicemente ha compreso che ce n’è uno.
In 400ms il cervello è in grado di discriminare una parola (ad es. “cane”) da una non-parola (ad es. “ptrese”), ancora senza richiedere un’elaborazione cosciente, e circa 150 – 300ms più tardi, possiamo rilasciare una risposta dimostrando che lo stimolo è stato correttamente identificato.
I risultati del test
“Non vi nego il mio grande stupore di fronte ai risultati – confessa Baldocchi – infatti i soggetti che avevano effettuato i test, senza segnali di manipolazione cognitiva/razionale, avevano riconosciuto gli stessi tratti nei vini con percentuali per ogni prodotto superiori al 92% (ed in alcuni casi raggiungevano il 100%).
Un esempio: uno dei vini venduto dall’azienda aveva questa descrizione “Un uomo, disinvolto, sportivo, elegante. Si trova a proprio agio in tutte le occasioni ma che non ama il caos”.
“Il risultato del nostro test su quel vino così descritto dall’azienda, è stato invece: una donna (92%), bionda (100%), alta, magra, spontanea e cordiale che ama stare in compagnia e ballare (92%), ama l’estate e la movida con gli amici.
Oppure un altro, descritto dall’azienda così: “Socievole e informale. Ama gli Happy Hours e le uscite con gli amici. Per stare insieme non ha bisogno di preavviso”.
Nella percezione dei consumatori lo stesso vino è risultato essere: “Uomo o donna (50%), magro (100%), giovane e spontaneo (92%), di aspetto curato (91%), razionale (85%) che ama programmare la propria vita (82%), una persona tranquilla che ama la filosofia (77%) e riservato (67%)”.
Capite bene quanto la percezione dei clienti si sia discostata completamente da come l’azienda, ed i suoi titolari, vedevano il prodotto.
L’applicazione delle neuroscienze alla comunicazione del vino si rivela quindi uno strumento prezioso di ottimizzazione delle risorse, permettendo di creare campagne e branding letteralmente cuciti addosso al potenziale cliente, con potenzialità di successo molto più alte rispetto a strategie profilate su ipotesi non verificabili scientificamente.
Con questo non significa che il mistero e il fascino del vino siano riducibili a u a ricerca scientifica. Il peso dello storytelling e del personale investimento emotivo di ognuno di noi continuano a giocare un ruolo da protagonista nella percezione, nella piacevolezza, nelle immagini che un sorso di vino evoca e induce.
Però avere a disposizione uno strumento preciso e affidabile in più per guidare le aziende nel mare magnum della comunicazione è sicuramente d’aiuto soprattutto quando si tratta di lavorare sulla brand awareness e la percezione di una tipologia, una denominazione o un intero territorio vinicolo.