Ci e’ rimasto il tempo e ne siamo terrorizzati
Lascio liberi i pensieri questa sera per condividere con voi alcune riflessioni che affiorano spontanee in questi giorni di estrema incertezza, paura e preoccupazione. Forse non tutti sanno che sono nata a Bergamo, dove ho trascorso la maggior parte della mia vita prima di giorovagare per il mondo e poi trasferirmi negli Usa. La mia città’, i miei cari, stanno vivendo una situazione di estrema emergenza mentre vi scrivo: la città sembra un girone dantesco, non sanno piu’ come assistere e curare i malati di Covid19, muoiono centinaia di persone al giorno in Lombardia, nell’aria c’e’ solo il suono delle sirene delle ambulanze che rompe il silenzio spettrale del coprifuoco. Mia sorella Giulia e’ un’agente di polizia locale, tutti i giorni pattuglia le strade per controllare che nessuno esca di casa e metta a rischio se stesso e gli altri. Mi racconta storie pazzesche di anziani che si ammalano e figli che non li possono nemmeno avvicinare, visitare o soccorrere, persone che finiscono in ospedale e non rivedranno forse mai piu’ i cari, le famiglie, le loro case. Tutto in solitudine e in una lenta agonia che ti toglie il respiro.
Viviamo ogni giorno con questo peso sul cuore. Tutti noi siamo coinvolti in questo dolore collettivo, cerchiamo di distrarci con qualche lettura, qualche serie tv, qualche corso online, ma poi il pensiero tiranno torna li’. Stare lontana dalla mia Italia in questo momento e’ straziante: la distanza amplifica tutto come un gigantesco megafono globale. Ascolto e leggo le notizie ogni giorno e mi ritrovo a singhiozzare di fronte alle immagini della mia città in assetto da guerra.
Ora la minaccia della pandemia globale sta bussando alla porta degli Stati Uniti e noi italiani, che abbiamo negli occhi la paura e la consapevolezza, osserviamo i goffi tentativi di contenimento di una situazione che e’ già scappata di mano. E’ solo questione di tempo.
Ma quindi che cosa possiamo fare, io, tu che leggi queste righe pazientemente, di fronte a questa immane crisi globale? Siamo costretti a stare in casa, tutto si e’ fermato: non ci sono piu’ aerei da prendere, treni in ritardo, code in autostrada, corse contro il tempo per riuscire a infilare un’ora di palestra tra casa e il lavoro, non ci sono piu’ appuntamenti dal parrucchiere, aperitivi con gli amici, inaugurazioni, concerti, mostre. Non c’e’ piu’ la cena gourmet con vino in abbinamento, le ore passate a decidere che cosa mettere per quell’occasione importante, la manicure, il massaggio, la seduta con il personal trainer. Non c’e’ piu’ l’affanno di arrivare tardi a prendere i bambini a scuola, la chiamata di emergenza alla baby sitter, la passeggiata in centro per il gelato, lo shopping con le amiche, la serata per programmare le vacanze.
Che cosa ci e’ rimasto? Quello che abbiamo invocato, desiderato strenuamente e mitizzato fino a qualche settimana fa. Ci e’ rimasto il tempo. Tanto tempo. Con noi stessi. E forse e’ questa la cosa che ci spaventa piu’ di tutte. Vi parla una donna di 37 anni che e’ campionessa mondiale di horror vacui, la paura del vuoto. Ho passato gli ultimi anni della mia vita a riempire il mio tempo per paura di fermarmi e pensare. Ho affrontato il mio personale Coronavirus dal 2012, quando la mia vita e’ stata azzerata completamente (la mia storia e’ nel libro Come il vino ti cambia la vita) e da allora “fare” e “fare sempre di piu'” e’ stato il mio motto, il mio mantra, il mio modo di esorcizzare la mia irrequietudine psicologica, un modo per evitare di affrontare il trauma.
E forse quello che sta succedendo oggi al mondo e’ un modo per obbligare tutti noi a fermarci, a fare pulizia nella nostra vita di tutto ciò che e’ stato messo li’ per riempire un vuoto, ma che non ci rende affatto piu’ felici o completi. In questi giorni drammatici ho riscoperto la gioia in tante piccole grandi cose:
– nella videochiamata con chi non sentivo da molti mesi e ho ritrovato
– nella scoperta di persone resilienti e forti che affrontano ogni giorni i drammi con grande umanità e li condividono sui social per ispirare tutti a tenere duro
– nell’immenso amore per la mia patria che cresce in maniera esponenziale ogni giorno
– nel constatare ancora una volta che gli italiani, quando si tratta di trovare un modo creativo per alleviare le sofferenze reciproche, sono i numeri uno al mondo: inni nazionali dai balconi, serenate, ebook regalati, corsi online offerti gratuitamente, appuntamenti virtuali di ogni sorta per un aperitivo o una pizza a distanza, perche’ noi senza gli altri non ci sappiamo e non ci vogliamo stare.
– nell’introspezione, nella ricerca dentro di me delle risposte alle domande che non ho mai avuto il coraggio di chiedere, perche’ “non ho tempo per fermarmi a pensare”.
– nell’elenco delle cose che non contano piu’, tra cui la prova costume e l’ultimo modello di iPhone.
– nel rallentare
– nel saper rinunciare al successo personale: il mio libro sarebbe dovuto uscire il 19 marzo, ma ho dovuto rimandare tutto, comprese le numerose presentazioni e appuntamenti sociali. Ho desiderato il momento dell’uscita del mio primo libro per anni, ma tutto e’ stato spazzato via in due settimane. Ma di fronte all’angoscia per i miei cari e i miei connazionali anche il successo personale e la realizzazione professionale, svaniscono sullo sfondo.
Quindi mi viene da pensare che forse il mondo si sta purgando, che questa pandemia sta costringendo tutti a premere il pulsante pausa e a riconsiderare la propria vita in relazione a ciò’ che di concreto e vero conta: in questi giorni non abbiamo paura a mostrarci vulnerabili agli altri, sono caduti filtri finti dei social media, oggi ci guardiamo in faccia per come siamo: tutti uguali di fronte alla paura della morte, tutti umani, sconvolti, imperfetti. Per la prima volta ci affacciamo a un nuovo decennio senza make-up, senza filtri, veri e impauriti, ma sicuri che la nostra bella Italia ne verrà fuori e noi, fortificati e purificati saremo pronti a iniziare una nuova epoca, portandoci addosso le cicatrici, un tatuaggio edificante a memoria di quanto avremo imparato di noi stessi.