Il mio book tour post Covid e la voglia di rinascere
Quando il cursore lampeggia su una pagina completamente bianca e’ come quando senti il battito del tuo cuore sott’acqua. Sei in un’atmosfera ovattata, capisci di essere vivo, ma non sai bene che cosa fare, dove andare, non riesci a orientarti nello spazio e nel tempo. Ti devi adattare in un ambiente che non conosci. Annaspi. Iniziare, o ricominciare, e’ un po’ come ritrovarsi sottacqua, trovarsi a cambiare improvvisamente elemento, dall’aria all’acqua. Per chi scrive non c’e’ niente di piu’ difficile dell’inizio. L’incipit cambia tutto. L’attacco definisce il pezzo, mi dicevano in redazione quando ero una giovane giornalista in erba. E mi hanno insegnato a mettere nelle prime cinque righe tutte le informazioni piu’ importanti: il cuore della notizia. Esattamente il contrario di quello che sto facendo ora, tirando la corda della tua pazienza, caro lettore, e menandoti per l’aia (come il can) senza averti fatto nemmeno intuire dove stiamo andando a parare. Perche’ fondamentalmente non lo so nemmeno io: ti ho preso per mano per non essere solo in questa lucida deriva, nella speranza che magari la tua vicinanza me la faccia sembrare meno folle. L’idea era quella di sintetizzare le emozioni, le riflessioni e i ricordi del mio primo tour di presentazioni del libro Come il Vino ti cambia la vita. Che e’ il mio primo libro. Ma poi ho visto quel cursore sulla pagina bianca e mi sono fatta prendere, facendo perdere a te la voglia di proseguire probabilmente. Se sei sopravvissuto alle prime venti righe di questo articolo, o “essay”, come dovrebbe meglio dire una vera scrittrice, allora sei davvero il mio lettore, sei proprio colui che stavo cercando: sei curioso, sei tenace, non ti fermi alla prima difficolta’.
Sei un po’ come il mio libro e come tour di cui ti racconterò qualcosa qui, tra poco, non appena riuscirò e dipanare un po’ la matassa emozionale che ancora mi porto addosso.
Il mio e’ un libro che parla di rinascita e coraggio che sarebbe dovuto uscire proprio quando l’Italia e’ stata messa in lockdown per una pandemia globale, a marzo. Che rinascita, eh? E che coraggio! Un libro che e’ stato messo in stand by, sospeso, anzi appeso agli eventi mondiali di una tragedia che ha colpito soprattutto la citta’ natale dell’autrice, che sarei io. Un libro che sarebbe dovuto sfavillare sugli scaffali delle librerie mentre i carro-armati portavano via le bare con i morti da Bergamo, tra cui conoscenti, genitori di amici e parenti. Un libro che avrebbe dovuto radunare nei luoghi piu’ belli d’Italia gli appassionati di vino, gli amici produttori, gli illustri colleghi, e gli irriducibili lettori per brindare, degustare, dibattere di rinascita e fare festa. E invece e’ stato in quarantena, anche lui, fresco di stampa, al buio del magazzino, come nel bunker antiatomico durante un attacco.
Timidamente ha fatto capolino a giugno, avventurandosi in qualche libreria. Ricordo le telefonate lunghe come l’oceano Atlantico che mi divide da casa: quelle tristi e angosciate con i miei cari a Bergamo, quelle di sospiri per annullare tutte le presentazioni, incluso il lancio con Oscar Farinetti a Eataly Smeraldo a Milano, quelle di rabbia con le amiche che hanno raccolto la mia frustrazione come quando Cenerentola si trova con il sedere per terra, la carrozza ridiventa zucca e le resta solo la scarpina di cristallo.
La mia scarpina di cristallo e’ il mio libro. Anche senza i fasti, le glorie, le presentazioni, la carrozza, l’incantesimo del riunirsi in persona, lui, il mio amuleto magico comunque c’era ha ingenuamente brillato anche nel buio dei mesi faticosi e angoscianti che abbiamo vissuto tutti.
Poi, quando il peggio sembrava passato, la decisione: portiamolo dove possiamo questo luccichio, questa scarpetta di cristallo, ci saranno tante cenerentole e principi in Italia che aspettano di ricordare l’incantesimo dello stare insieme. E cosi’ e’ nata l’idea di improvvisare un tour di presentazioni nell’estate del Covid. Una follia, una lucida follia: non si sapeva come si sarebbero dovuti gestire gli eventi, come avremmo potuto invitare e ospitare persone, dove saremmo stati autorizzati a svolgerli, in che modalità, in che tempi: il vuoto, il cursore che lampeggia sulla pagina immacolata, il battito del cuore sottacqua, saltare da un elemento all’altro senza sapere come muoversi.
Se mi guardo alle spalle ancora non so ancora come sia stato possibile organizzare un tour di 12 tappe in quaranta giorni, da Nord a Sud, messo insieme in tre settimane. Anche solo viaggiare dalla California all’Italia e’ stato un esercizio di tenacia, visto che il volo mi e’ stato cancellato quattro volte. Eppure l’abbiamo fatto, eppure la paura del Covid non ha vinto, eppure quella scarpetta di cristallo ha illuminato i volti di tante persone in tutta italia che avevano voglia di guardarsi di nuovo negli occhi, dal vivo, di condividere una storia e un bicchiere di vino, di sentirsi parte di una comunita’, di appartenersi. Sono fiera e onorata di aver portato avanti un book tour cosi’: imperfetto, improvvisato, incerto, ma cosi’ profondo, sentito e genuino. E piu’ vero del vero. Non potevo immaginare situazioni migliori per raccontare le mie storie di rinascita e di coraggio: il tour e’ stato la miglior metafora del mio libro e di me stessa, il tour ha incarnato quei valori di resilienza e forza che ho testimoniato e raccontato attraverso le pagine dedicate ai produttori. Loro, i miei cari amici produttori, sono stati i protagonisti anche di questa avventura, del tour nell’estate del Covid, e hanno mostrato ancora una volta come si risorge dalle ceneri, come si riattizzano i carboni quasi spenti e si puo’ far divampare un nuovo fuoco, una nuova luce. A loro va il mio grazie profondo per tutti i momenti magici delle presentazioni nelle loro cantine, cosi’ come il mio grazie e’ da estendere a tutte quelle realtà culturali ed enogastronomiche che hanno scelto di scommettere su di me, organizzando i primi eventi post Covid dedicandoli proprio al mio libro: ricorderemo tutti per sempre questi momenti, quelle serate intime, con tanti o pochi partecipanti, finite sempre a tavola e in chiacchiere notturne di vera condivisione.
Mi ha colpita moltissimo come il libro sia stato motore di nuove collaborazioni tra enti del territorio, sindaci, imprenditori, ristoratori, per creare un’occasione culturale e invitare le persone a fidarsi nuovamente, a uscire di casa dopo il terrore e la paura, mi ha commosso vedere la partecipazione delle persone, gli sguardi dietro alle mascherine hanno parlato piu’ di mille parole.
Sono ancora frastornata dalla miriade di stimoli intellettuali e umani che ho raccolto in quei 5000 chilometri e 38 giorni tra le regioni d’Italia. Talmente frastornata che ora mi ritrovo qui in California, dove scrivo queste righe, con un’immensa voglia di tornare a casa. Quel cordone ombelicale elastico di cui parlo nel mio libro, quello che non importa quanto lontano corri, ma che prima o poi ti ricatapulta indietro, ecco, mi sa che il mio e’ arrivato a fine corsa. Sono pronta al rinculo, che detta cosi’ suona male, e forse proprio indolore non sara’, ma chiudo gli occhi, mi aggrappo alla scarpetta di cristallo e conto: tre, due, uno…Back.
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