Wine competitions, medaglie e numeri: ci tolgono il piacere della scoperta?
Degustare di professione mi ha portata negli anni ad essere giudice in molte gare internazionali, dal Pacifico all’Atlantico, dalla San Francisco Chronicle alla londinese International Wine Challenge, passando per 5Star wines a Vinitaly.
Ogni gara ha le sue regole e i suoi meccanismi, ma di base si tratta di un gruppo di persone qualificate che assaggiano vini alla cieca (con poche informazioni a riguardo, ovvero provenienza, annata e uvaggio, solo in USA anche la fascia di prezzo) e sono chiamate ad esprimere un giudizio in numeri o medaglie. Come schema generale si considera 100 la perfezione, tra 85 e 90 un bronzo, tra 90 e 95 un argento e da 95 in su una medaglia d’oro.
Potete vedere il backstage di alcune delle più importanti competition a cui ho preso parte sul mio canale YouTube.
Questa è l’ultima in ordine di tempo e anche la più prestigiosa ed estesa al mondo:
A Londra per l’International Wine Challenge
The International Wine Challenge è uno dei concorsi di vini più autorevole ed estensivo al mondo. Desideravo da anni diventare uno dei giudici che arrivano da 52 Paesi nei quali si produce vino.
Posso dire con soddisfazione di essere stata l’unica giornalista italiana giudice della IWC giunta alla sua 38esima edizione.
- Ogni vino iscritto al concorso è degustato da almeno 12 giudici diversi, inclusi alcuni Master of Wine. Questo processo, che consiste in diversi round di assaggio, assicura che nessun ottimo vino sfugga alla possibilità di aggiudicarsi una medaglia.
- Sono 3 i round di degustazione degli oltre 13 mila campioni in gara.
- 460 gli esperti internazionali invitati a giudicare
- Otto il numero minimo di volte in cui il vino è degustato per essere certi del punteggio ottenuto.
- 24% è l’aumento delle vendite medie a seguito dell’apposizione del bollino corrispondente al riconoscimento ricevuto (secondo uno studio del 2018 condotto da IWC e Coop).
- 1,2 miliardi le persone raggiunte dalle comunicazioni dell’IWC.
Ma questi riconoscimenti hanno ancora senso?
Verrebbe da rispondere di si, visto i numeri che ho elencato sopra. È innegabile che in un mercato mordi e fuggi nel quale i consumatori spesso non hanno tempo nè voglia di informarsi il sistema del giudizio numerico o della medaglia facilita e velocizza la scelta. Gli stessi importatori e distributori incoraggiano le cantine a partecipare a queste competition per ottenere riconoscimenti spendibili a livello commerciale, ma vorrei andare oltre alla riflessione logica ed economica, che rimane la scelta più razionale.
E il racconto del vino?
Come sapete il mio lavoro è raccontare il vino. Scrivo libri, racconto soprattutto esseri umani, luoghi, culture, che sono ciò che rende unico un vino e ne fanno tutto tranne che una bevanda.
Il sistema dei giudizi non mi appartiene, su questo blog o sui miei canali social non ho mai pubblicato recensioni con giudizi sui vini, neppure quelli che ho gradito. Penso che il mio compito sia quello di essere un megafono. Di dar voce al racconto del vino, non di giudicarlo. E credo che ridurlo a un numerino o a una descrizione sommaria di tre righe che potrebbe funzionare per migliaia di altri vini con le stesse caratteristiche sia un peccato.
Mi rendo conto, come ho espresso sopra, che il mercato ha altre logiche e altri tempi, e professionalmente sono chiamata anche a questo compito, ma con estrema sincerità vi dico di cercare oltre, di prendervi il tempo di approfondire.
Il piacere sta nel percorso di scoperta
Credo infatti che buona parte del piacere per un appassionato di vino stia nella fase di ricerca, di scoperta, di indagine.
Incuriosirsi per un nuovo vitigno, cercarne la storia, scoprire i produttori che lo tengono in vita, leggere le loro imprese e poi, dopo questo percorso, finalmente acquistare e assaporare quel vino sarà una gioia immensa, una gioia al cubo rispetto alla bottiglia presa di corsa dallo scaffale perché aveva cento bollini sull’etichetta e che quindi “deve essere buono per forza”.
Vale anche il processo inverso: farsi guidare dal bollino ma poi essere pronti a cambiare idea, a farsi una propria coscienza critica, a cercare più informazioni su quella bottiglia.
In conclusione quindi vorrei che i riconoscimenti e le medaglie siano uno dei tanti strumenti di scelta, ma non l’unico. Per questo concentro il 90 per cento del mio impegno professionale sul raccontare, sull’indagare, sullo scoprire e sul viaggiare. Non si può descrivere un vino senza aver consumato le suole delle scarpe in vigna e in cantina, andando sul posto. Lo diceva Mario Soldati. Non è fattibile per la maggior parte degli amanti del vino, ma per questo ci siamo noi, i reporter enoici. Mettetevi comodi e siate pronti a partire attraverso le pagine di un libro, le immagini di un video, le parole di un post sui social. L’unica vostra responsabilità (e non è poca cosa) è scegliere la voce giusta!