Perché i vini francesi sono più cari e prestigiosi?
Riflessioni al ritorno di un viaggio in Bourgogne.
- La grandeur nell’arte e in cucina
- L’esclusività: il non rivelare troppo
- La cultura e la conoscenza del vino
L’ultimo viaggio del 2021 e io primo del 2022 è stato in Francia. Ho visitato brevemente Beaune, la capitale della Borgogna, una famosa cantina ad Aloxe Corton, Maison Louis Latour e le enoteche più fornite di Parigi. L’ho fatto con la missione di capire come mai i vini francesi e in particolare quelli della Bourgogne godano di una reputazione stellare (con relativi prezzi alle stelle) sia in Italia sia negli USA, il mercato che conosco meglio per via del mio lavoro.
Com’è possibile che il più costoso vino francese (che è, ça va sans dire, un Romanée Conti, pensate che a fine dicembre 2021 un collezionista dell’Est Europa ha pagato 1 milione di franchi svizzeri, 911.253 euro, per una bottiglia formato Mathusalem, ovvero 6 litri, annata 1985) raggiunga cifre astronomiche anche 50 volte superiori ai più costosi vini italiani?
Beh, semplice, qualcuno dirà: i francesi fanno vino di qualità da secoli, hanno una sviluppato tecniche e abilità messe a punto da generazioni, etc… certo, il prestigio è dato anche da questo, ma non credo sia sufficiente a giustificare un tale divario di reputazione e di prezzo.
Ecco allora che durante il mio viaggio ho osservato fatti e atteggiamenti che condivido con voi.
Il senso di orgoglio, la grandeur nell’arte e in cucina
La maestosità pervade ogni angolo della cultura francese. Ovunque si posa lo sguardo a Parigi, a Versailles, ti viene costantemente ribadito che la Francia imperialista è imponente, potente, una sorta di divinità. Lo vedi nell’orgia estetica delle regge, nell’opulenza dei musei: il Louvre mi ha letteralmente stesa, preda della sindrome di Stendhal, sopraffatta da tanta bellezza e troppi stimoli estetici tutti in una botta. Niente a che vedere con l’equilibrio del nostro neoclassicismo o del rinascimento dove ogni linea si snoda e si mette a servizio dell’armonia generale.
La stessa opulenza si ritrova in cucina, salse, burro, creme vellutate, croissant, grassi suadenti, è una cucina sensuale e ricca. Non è la cucina povera della dieta mediterranea.
Tutto ciò concorre all’innato senso di grandezza e di superiorità (in senso buono potremmo chiamarla autostima) dei francesi. Un sentimento che riversano in ogni attività, compreso il vino. Detta in parole povere: ci credono. Loro credono profondamente di produrre il vino migliore e più prestigioso del mondo e agiscono di conseguenza: i prezzi raramente si scontano, attribuiscono un alto valore al loro prodotto e lo comunicano quindi con convinzione come il migliore.
Ne ho avuto la riprova visitando diverse enoteche molto famose e fornite di Parigi come Le Baron Rouge, Au Sauvignon, o la Grande Epicerie o il reparto vini di Lafayette: sul piedistallo ci sono i vini locali, sempre, vengono proposti per primi e con grande enfasi. In vetrina o all’ingresso non ci sono le offerte, i 3×2 o i fondi di magazzino da smaltire. Ci sono gli esemplari più costosi e prestigiosi. Non hanno paura di intimorire, anzi l’eccellenza e l’inaccessibilità sono armi che usano in modo magistrale per attirare i clienti.
È il prossimo punto su cui riflettere.
L’esclusività, il non rivelare troppo
Visitare una cantina della Bourgogne non è impresa facilissima. Mi riferisco ovviamente a domaine di qualità, perché anche in Francia esistono ovviamente realtà più commerciali e di massa, ma se siete appassionati di vino non siete sicuramente interessati al giro turistico trappola e a vini scadenti. Che comunque ci sono anche lì, a scanso di equivoci.
Accedere a un Domaine importante è un’esperienza volutamente esclusiva, riservata solo a clienti speciali, alla stampa o a personaggi che la casa vinicola reputa strategici. Non è per tutti.
Sono stata accolta a Maison Latour dopo che questo concetto era stato più volte specificato, creando quindi in me un senso di importanza che mi ha portata alla visita già in ammirazione ancora prima di varcare il cancello.
Quello che mi preme sottolineare è l’atteggiamento ancora una volta di grande sicurezza e autostima di queste maison che ti fanno sentire quasi un prescelto per il privilegio di dare una sbirciatina alla loro azienda. È ovvio poi che qualsiasi cosa esca da una realtà così esclusiva e velata di mistero per i più siamo disposti a pagarlo più caro. È un valore immateriale dato dalla suggestione. Aggiungo che i vini erano davvero eccezionali, ma sinceramente non meglio di alcune nostre grandi etichette, o anche sconosciuti produttori che ho visitato nei miei anni di enoturismo… eppure il prezzo a enoteca era almeno il triplo…
La conoscenza, la cultura del vino
Un altro fattore importante che mi ha lasciata stupefatta è la grande attenzione del pubblico sulla conoscenza e cultura del vino. Sono franco-centrici, quindi si informano soprattutto sui vini nazionali, ma lo fanno in modi diversi a seconda dell’età e dei gusti. A Beaune, di fronte al famoso Hospice, c’è forse la più grande libreria del vino che io abbia mai visto. Due piani di volumi, guide, posters, perfino fumetti e satira dedicati solo al vino. Ci ho trascorso due ore solo per spulciare i titoli di libri che non avevo mai visto sia in inglese, sia in francese, c’erano anche alcuni libri italiani ma relegati in una mensola in un corridoio di passaggio.
La libreria era affollata di gente che acquistava interessata ogni sorta di pubblicazione. Di fronte a quella scena ho pensato alle librerie italiane dove i volumi dedicati al vino sono sparsi tra i libri di ricette, quelli sulle diete e sul giardinaggio. Quando una libreria è fornita ha 10 titolo forse dedicati al vino di cui 5 sono guide.
Concludo così questo mio diario di viaggio, portandomi a casa dalla Francia la voglia di infondere sempre di più la curiosità intorno al vino e iniettare in molti eccellenti produttori una bella dose di autostima che ci faccia magari guardare alla Francia senza sudditanza psicologica ma con la predisposizione d’animo di essere ispirati.
Ascolta la puntata del podcast.